Oggi parleremo dei risvegli notturni del bambino e delle diverse teorie degli esperti. Tutti i giorni ricevo mail di questo tipo con la stessa richiesta:“Perché i bambini si svegliano di notte?” oppure, “Il mio bambino se va bene fa un paio di risvegli, ma questo accade raramente; altrimenti si risveglia anche dopo mezz’ora da quando lo mettiamo giù e può andare avanti a svegliarsi anche ogni ora o quasi“, o ancora “La mia bambina può svegliarsi anche 15 volte in una notte, piangendo e mostrando una notevole agitazione. Ci sono notti in cui trascorriamo anche 4h a cullarla ma continua ad agitarsi e rimane sveglia e si sveglia anche se dorme con noi nel lettone” , e tanti altri messaggi come questi.
La comunicazione risolve il problema
Ma quale è la risposta ai risvegli notturni del bambino. La mia osservazione diretta per oltre 10 anni, sui neonati nella fascia di età da 0 mesi a 3 anni, mi ha fatto comprendere tanti aspetti che solo attraverso la comunicazione hanno portato alla risoluzione delle difficoltà legate al sonno. L’osservazione non si è fermata al momento della problematica ma è proseguita nel tempo tant’è che i bambini di cui parlo ora hanno sette anni e più ed in loro si possono osservare gli effetti positivi a distanza di tempo. Questo è un argomento molto delicato che non ho mai affrontato perché le scuole di pensiero e le teorie sono divergenti, spesso addirittura opposte. Ognuno deve sentirsi libero di scegliere il modo in cui vuole orientare la propria vita di genitore, ma arriva un momento in cui bisogna approfondire e far chiarezza per poter decidere in modo consapevole la strada da intraprendere. Cito alcune fonti per semplificare la comprensione. Ecco alcune delle teorie più nominate in fattore di sonno dei bambini, teorie che condivido solo in parte o non condivido assolutamente.
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Un metodo legato al pianto (da me non condiviso)
Per il dr.Richard Ferber per risolvere i problemi di sonno basta formare i bambini, insegnando loro a piangere per un periodo di tempo prima di ricevere il conforto dei genitori. Questo approccio definito Cry it Out fa a sua volta riferimento ad un testo del 1895 scritto dal Dr. Emmett Holt “The Care and Feeding of Children”. A seguire sulla stessa linea il Dott. Estivill si esprime con il libro:”Fate la nanna”, pubblicato in Italia nel 1999. Un metodo che si basa sul pianto prolungato. Secondo questa teoria, che NON condivido assolutamente, i risvegli notturni dei bambini dai sei mesi in poi rientrerebbero tra questi comportamenti e i genitori dovrebbero applicare questo metodo per assicurare a se stessi e ai propri neonati notti intere senza risvegli. Allora mi chiedo sempre “Come mai ricevo richieste di genitori che pur avendo applicato questo metodo o similari non hanno risolto in modo definitivo i problemi di sonno e i bambini si svegliano con pianti inconsolabili?”.
Le teorie continuano. L’ultima è quella del pediatra Michel Cohen, che è diventato una vera e propria star a New York. Secondo la sua teoria, il bambino va messo a dormire nella sua culla nella sua stanza alle 19 e lasciato lì fino alle 7 del mattino. Chiaramente se piange non va mai preso, nessuna coccola, niente di niente. Si comincia subito: dall’ottava settimana di vita del neonato. Ovviamente non condivido nemmeno questa filosofia.
La comprensione dei bisogni del bambino
Per il pediatra William Sears la soluzione alle notti insonni, è quella del sonno condiviso: tutti nello stesso letto, definito anche co-sleeping o bed sharing . Nel suo libro “Genitori di giorno e… di notte” il pediatra cita le ricerche più recenti su come il sonno condiviso possa ridurre il rischio della SIDS (sindrome della morte in culla). Offre inoltre diversi spunti su come condividere il sonno in modo sicuro . Ma anche qui qualcosa non mi torna. Come si spiega che pur mettendo il bambino nel lettone alcuni continuano a svegliarsi?
Tra le più recenti strategie indicate nel nuovo studio australiano la modalità sembra essere più dolce. Del resto, ogni bimbo è diverso e l’importante è cercare di comprendere i suoi bisogni, come ci scrive la puericultrice inglese Tracy Hogg, autrice del libro Il linguaggio segreto dei neonati (2004). Quest’ultima si avvicina di più alla natura umana del bambino ma, secondo il mio punto di vista, va personalizzata caso per caso e rivista. Purtroppo la sua scomparsa prematura, ci ha lasciati a soli 44 anni, non le ha permesso di approfondire tutti gli aspetti necessari. I risvegli notturni del bambino sono spiegati da Tracy Hogg attraverso un metodo che si basa fondamentalmente sul rispetto per il bambino che nasce già con una sua personalità e nella vita intrauterina si forma come un essere umano con dei propri bisogni. Ecco perché i bambini vanno osservati, conosciuti e compresi. Però anche in questo caso sembrerebbe che il metodo non sia sempre applicabile.
Risvegli fisiologici
I maggiori esperti sostengono che i risvegli sono fisiologici fino a circa tre-quattro anni, ma questo non significa che non ci siano soluzioni fino a questa età. C’è anche da dire che non tutti i bimbi hanno problemi di sonno, quindi questa teoria non risulta essere sempre valida. Ogni teoria ha sicuramente dei punti validi ed altri meno. I risvegli notturni del bambino, secondo la mia esperienza, sono da risolvere attraverso l’osservazione del bambino, incontrando le famiglie una ad una, ascoltando le loro storie e comprendendo ciò che il bambino ci vuole comunicare attraverso i suoi risvegli. La soluzione, va personalizzata e creata su misura, l’importante è che sia dolce e rispetti il bambino. E questo è possibile grazie al metodo ReSleeping® che ho ideato dopo anni di esperienza con i bambini. Grazie ai vari studi sul sonno la scienza sta facendo passi da gigante e ci aiuterà sempre di più nell’evoluzione della comunicazione e nello studio dello sviluppo del cervello umano.